Viene oggi generalmente servita come antipasto, in quantità macrobiotiche (data la ricchezza di calorie delle castagne) e con tagli geometrici da nouvelle cuisine, magari con uno spruzzo di panna o ricotta sopra, o qualche altro ingrediente più tradizionale. Ma una bella fetta di polenta era fino a pochi decenni fa il pasto unico degli amiatini. Occorrono per prepararla un chilo di farina di castagne, due litri d’acqua e un po’ di sale. Il procedimento è semplice, anche se un po’ faticoso (e in effetti è uno dei rari piatti che tradizionalmente venivano preparati dagli uomini): quando l’acqua bolle nel paiolo, si butta la farina di castagne “a tonfo”, aggiungendo un po’ di sale, si fa bollire una mezz’oretta senza mescolare, poi si toglie dal fuoco, si scola l’acqua (che però si può riutilizzare in caso il preparato sia troppo duro) e si mescola. Una volta pronta la polenta, va staccata dal paiolo e versata di colpo su un tagliere, segnata a croce e tagliata con un filo. Se avanza, la polenta fredda è ottima fritta nell’olio. A quel punto si può condire nei modi più disparati. In passato, chi non poteva permettersi altro, si accontentava di strusciare la polenta sull’aringa appesa al trave della cucina. Oggi, si aggiungono come contorno alla polenta la ricotta, i fegatelli di maiale, l’aringa, il baccalà in umido con cipolle, la salsiccia, la ventresca, le animelle o, nelle tavolate di festività molto importanti, l’agnello in umido con le patate.