Ricordata fin da IX secolo d.C., divenne il principale centro religioso e amministrativo dell’Amiata occidentale tra i secoli IX e XI.
Santa Maria a Lamula sorse come cella, ossia come filiale, dell’abbazia di San Salvatore al monte Amiata agli inizi del IX secolo, in una zona particolarmente ricca di risorse, quali la vicinanza del fiume Ente, la presenza di boschi di castagno e di terreni argillosi coltivabili.
Nel Medioevo l’edificio religioso si trovava vicino al villaggio di Lamule (da qui deriva l’appellativo a Lamula) e del quale non rimane alcun resto visibile.
Il villaggio di Lamule era detto anche di Lama (stagno o palude in latino medievale) in quanto sorgeva su una zona resa acquitrinosa dal ristagno dell’acqua piovana.
La prima attestazione documentaria di Santa Maria risale all’853 e si trova in una pergamena in cui l’imperatore Lotario II conferma la sua proprietà all’abbazia di San Salvatore al monte Amiata.
Nel corso del IX e dell’XI secolo l’importanza della pieve come centro economico e amministrativo crebbe, come ci testimonia un documento datato 14 settembre 892 in cui viene citato un mercato sabatino o annuale che si svolgeva nei pressi dell’edificio religioso
La pieve è legata ad una leggenda secondo cui una mula si inginocchiò davanti al portale della pieve, per rendere omaggio alla statua della Madonna, lasciando miracolosamente le sue impronte sulla pietra. Le impronte delle ginocchia della mula sono ancora oggi visibili sulla pietra di fronte all’ingresso.