I dolci sono i piatti della tradizione per eccellenza, perché venivano preparati per le feste più importanti del calendario, e portavano dunque un significato stagionale, oltre che di festa. La ricciolina e il salame sono i dolci tipici della Pasqua; quelli a base di castagne sono naturalmente legati alla stagione autunnale e all’inverno. Come il resto della dieta amiatina, anche i dolci erano generalmente poveri, di rado farciti con cioccolate o marmellate (eccettuando le crostate, che tuttavia venivano spesso coperte di ricotta non freschissima). Usati anche i frutti di bosco, lamponi e more in primis, per marmellate, crostate o – come nel caso del complicatissimo “lamponato” – bibite dolcissime. Anche l’arte del forno era comunque solitamente piuttosto frequentata: le donne preparavano pani, dolci e ciacce e li portavano al forno nel capisteiu, un lungo vassoio di legno usato allo scopo (il nome indica forse che veniva recato dalle donne sul “capo”?). Anche le ciacce (pizze bianche di forma schiacciata – da cui il nome di “schiaccia” o “ciaccia” – condite solo con sale, rosmarino o, tutt’al più, con i “friccioli” del maiale – frammenti di carne magra che si trovano nello strutto – o con la ricotta di qualche giorno prima) venivano preparate con gli avanzi della pasta del pane. (Un segreto delle donne amiatine – come di quelle di tutto il mondo – per la cottura dei dolci: infilare dentro al dolce uno stecchino di legno: la cottura sarà ultimata quando lo stecchino sarà completamente asciutto).