Ninphis sacrum
L. Trebonius patern(us)
Lib. Fortunatus
Voto posuit
Signum cum Basim
Et aedem F. Cur

bagnovignoniL’Amiata vista dalla piscina di Bagno Vignoni, sullo sfondo della Val d’Orcia, è uno dei panorami più belli della provincia di Siena. L’acqua calda che sgorga qui è un altro dei numerosi doni dell’antica montagna.
Bagno Vignoni è un borgo medievale, anche se l’origine delle terme, come quella di Bagni San Filippo, è con ogni probabilità etrusca; attesta la presenza dei Romani una lapide conservata all’interno dell’attuale stabilimento termale (citata in epigrafe). La storia del paesino è fatta di lotte, stragi e omicidi, come quella di tutti i castelli della zona: feroce fu lo scontro tra i Salimbeni e Siena per il possesso del luogo, come di altre roccaforti della Val d’Orcia. Nel 1600 il bagno fu concesso dal granduca di Toscana Ferdinando II alla famiglia Amerighi. Furono loro a far costruire le prime locande per i bagnanti: esiste ancora quella detta del Leone. Infine, nel 1676, la proprietà passò ai Chigi, ancora oggi possessori di molte parti del paese.
Si legge nella relazione che Simone di Iacomo Tondi inviò al magistrato di Siena nel 1334: “Primieramente il Bagno di Vignone, così nominato dal Castello ivi vicino, è accomodato e circondato di palazzi e di osterie e ha una Cappella nel mezzo. È di figura quadrata, tutto bello, divisa la fonte in due parti, che col tetto difende dalla pioggia gl’inermi che ivi dentro si bagnano; ma sono per tutto luoghi da ritirarsi, dove ascosi e guardati possono uomini e donne bagnarsi. Prendono quelle acque la virtù loro dal ferro, dall’albume e da poco rame, con mischianza di oro e di argento. Conferiscono al fegato, alla milza e allo stomaco, stemperato e a tutte le membra che concorrono al nutrimento”.
La piazza principale è costituita da un’immensa vasca di acque calde e vaporose, che in inverno soprattutto creano una suggestione magica, immerse nel paesaggio leonardesco che circonda il paese. L’acqua ha sostituito la pavimentazione tipica della piazza italiana. Intorno alla vasca, un palazzo rinascimentale, attribuito a Bernardo Rossellino, il creatore di Pienza, si slancia dalle acque come una visione, mentre il loggiato medievale e la cappellina che vi è inserita sono dedicati a Santa Caterina da Siena, che frequentò questi luoghi. La Legenda Maior di Raimondo da Capua e la Legenda Minor di Tommaso riportano il desiderio di Monna Lapa, madre di Caterina, di distrarre la figlia dalle sue ambizioni di santità con le acque calde e sensuali del vulcano. Ma, invece di godere del benessere e del relax che oggi cerchiamo a Bagno Vignoni, Caterina sfruttò le acque bollenti come strumento di penitenza. Caterina fu a bagno dal 1362 al 1367 e probabilmente vi tornò nel 1377, anno del suo soggiorno alla Rocca a Tentennano. Il “Vascone” a lei intitolato non è più utilizzabile e l’acqua viene fatta defluire verso la piscina e sulle pendici scoscese intorno al paese, dove origina piccole cascate che danno una tipica colorazione biancastra alla collina. Una lapide, oggi nel loggiato, fu scritta prima del 1532 dal dotto senese Lattanzio Tolomei: è un’iscrizione dedicata alle naiadi, con versi in greco scolpiti sul marmo, che recita: “O Naiadi che abitate in questa casa di acque calde / diffondendo continuo fuoco misto alle onde, / liberando sempre nelle vostre correnti / molti degli uomini gravemente ammalati, / dall’odiosa morte, io vi saluto, / e voi porgete in abbondanza le acque, / salute degli uomini. / Scorrete vaghe o buone sorgenti / e scorrendo recate agli ammalati / la sanità, ai sani un dolce bagno. / Facendo cosa grata a entrambi”. Testimonianza del furor poetico di origine umanistica che bagnò anche queste rive, negli anni intorno alla presenza di Enea Silvio Piccolomini e ancora dopo. Si dice per altro che l’Amiata fosse visitata allora anche da Alessandro VI, il papa Rodrigo Borgia, grande cacciatore e amante dei boschi, che Pio II avrebbe convocato a Corsignano per trattenerlo dalle sue scorribande e dalle sue feste vaticane un po’ troppo dionisiache.
Il luogo fu scelto per le scene più suggestive del film Nostàlghia da Andreij Tarkovskij, che ne fece uno scrigno di metafisica desolazione per i suoi personaggi sperduti. In effetti, Bagno Vignoni è l’ideale per le passeggiate in solitudine nelle piccole vie medievali, oggi rallegrate da ottimi ristoranti ed enoteche. Intorno alla vasca si erge anche la chiesa di San Giovanni Battista, che conserva il frammento di affresco raffigurante il Cristo risorto attribuito a Ventura Salimbeni. Caterina da Siena, non fu la sola ospite illustre di Bagno Vignoni: Lorenzo il Magnifico vi trascorse un periodo nel 1490, per curarsi l’artrite, Enea Silvio Piccolomini vi venne non di rado, Michel de Montaigne ne lasciò una testimonianza nel diario di viaggio del 1581, a dire il vero non proprio entusiastica: “Il Bagno non pare altro che una pidocchieria”.
Bagno Vignoni ha un’atmosfera unica al mondo. Incastonato come un gioiello nel cuore della Val d’Orcia, offre una vista mozzafiato sulla più tipica campagna toscana, che si vede da qui come da una terrazza naturale. A pochi chilometri, San Quirico d’Orcia con la sua splendida Collegiata; Pienza, la città dell’harmonia mundi voluta da Pio II nel Rinascimento; Castiglion d’Orcia, così aspra e così bella, a ridosso dell’Amiata; Castelluccio di Pienza, che fu la sede dei marchesi Origo e dove Iris scrisse alcune delle sue opere più famose, come War in Val d’Orcia; l’Amiata con i suoi undici borghi medievali e la sua straordinaria ricchezza di acque, vista come la descrisse il Sassetta nelle “Nozze mistiche di San Francesco”, oggi al museo Condé di Chantilly; e poi Montepulciano, Montalcino – una delle terre più belle del mondo.
Ma non solo: da qualche anno è stato inaugurato nella città lo splendido parco dei mulini. Vista l’abbondanza di cereali della Val d’Orcia, l’utilizzo di mulini si rivelò fondamentale sin dal Medioevo e la grande quantità di acqua termale permetteva di macinare a Bagno Vignoni anche d’estate, in una stagione cioè in cui per solito i mulini, a causa della scarsità delle acque, erano bloccati. È probabile che i primi mulini ad acqua fossero fatti costruire dai Tignosi, signori della Rocca a Tentennano, tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo. Con la sconfitta della famiglia vassalla degli Aldobrandeschi, la Rocca a Tentennano e i terreni intorno, compresa Bagno Vignoni, passarono a Siena, che fu proprietaria dei mulini fino al 1559, anno della sua caduta. Nel 1676 il granduca Cosimo III concesse San Quirico – dove costruì il suo magnifico palazzo –, Vignoni alto e Bagno Vignoni alla famiglia Chigi Zondadari e amministrò i mulini il cardinale Flavio, nipote di papa Alessandro VII, il quale fece apportare migliorie e ristrutturazioni agli impianti esistenti. L’attività dei mulini andò avanti fino al secondo dopoguerra.

Nel frattempo furono costruiti anche dormitori per pellegrini e amanti dei bagni termali: due locali divisi, uno per le donne e uno per gli uomini, esistenti tuttora. La distinzione è prevista nello Statuto della città di Siena, di cui Bagno Vignoni fu proprietà dall’inizio del 1417, quando il feudatario Salimbeni la vendette al Comune. Anche le vasche erano separate e per tutta l’antichità ne esistette una terza per immergere i cavalli.

Le acque solfato-bicarbonato-calcio-magnesiache, carbogassose, sgorgano da varie sorgenti a una temperatura di 42°C e sono particolarmente indicate per le malattie dell’apparato osteoarticolare e reumatiche, dell’apparato respiratorio e delle prime vie aeree, del ricambio, di malattie cutanee e dell’apparato genitale femminile, anche se attualmente le cure a disposizione sono rivolte solo alla terapia dell’apparato muscolo-scheletrico. Si praticano nello stabilimento fango e balneoterapia, ma in un prossimo futuro sarà possibile accedere anche a cure inalatorie e a irrigazioni.