Nel 1250 il quadro dell’insediamento amiatino si era accentrato e stabilizzato presentando lo stesso quadro attuale, per la verità era più accentrato di quanto lo fosse oggi; la fila di frazioni fra Arcidosso e Piancastagnaio non si sviluppò infatti prima del 1700, la maggior parte dei poderi della campagna intorno al comune di Radicofani o Castiglion d’Orcia non si era ancora creata. Nel primo Duecento l’intera popolazione amiatina era concentrata in una quindicina di castelli, tutti rimasti con più o meno successo fino al giorno d’oggi.
La nascita del castello fu frutto della consapevole necessità di concentrare la popolazione locale precedentemente dispersa in insediamenti minori.
Tale ipotesi risulta confermata, oltre che dalla descrizione sopra riportata dell’abbandono di Castel della Pertica, anche da un’antica tradizione erudita locale. Un’iscrizione (falsa) datata 998, rinvenuta nella sala capitolare dell’Abbazia del San Salvatore, riporta l’abbandono degli abitati minori per la costruzione del castello.
La prima fonte è un documento imperiale del 1094 in cui si ricorda il “castrum abbatiae” dotato di “territorio et districtu”, la seconda fonte storica è un altro documento del 1203 dove viene citato esplicitamente per la prima volta Castel di Badia avente già un podestà.
Senza ogni ombra di dubbio il Castrum Abbatiae Sancti Salvatoris divenne uno dei più importanti borghi della Toscana meridionale “rappresentando il più cospicuo insediamento della Toscana che abbia avuto una matrice monastica”.
Intorno alla metà del Trecento l’urbanistica del castello era già formata, le epoche successive vedranno solamente ritocchi e restauri agli edifici già esistenti. Una pianta schematizzata del Seicento,conservata nella Biblioteca Nazionale di Firenze, costituisce la più antica raffigurazione del territorio di Abbadia San Salvatore ed evidenzia chiaramente le due parti di cui si compone: il castello e il borgo.
La prima fase insediativa murata, può essere individuata con la sua forma ovale avente un’unica via all’interno: la Castellina.
Essa posta a poche centinaia di metri dall’Abbazia fu il primo nucleo del castello; sorto nel corso del XII-XIII secolo o come aveva ipotizzato lo storico Kurze ancor prima, durante il periodo della ricostruzione dell’abbazia, consacrata dall’abate Winizo nel 1036. Il piccolo agglomerato poteva essere infatti un luogo di residenza per le maestranze, impegnate per anni nella grande costruzione della nuova chiesa. Il successivo ampliamento del castrum fu impostato su quattro assi viari che vanno da nord a sud e che si volgono verso il cuore del centro storico, ossia Piazza Santa Croce dov’è collocata la pieve e il palazzo pubblico. Le quattro direttrici principali sono Via dei Fabbri (oggi Garibaldi), Via di Mezzo (Maraghini), Corso Maggiore (Filippo Neri) e Via Mazzini posto verso la Valle del Paglia. Le porte di accesso del castrum sono La Porta dell’Abbadia, che si apre verso l’abbazia, La Porta Nuova o del Torrione che si apre verso la Valle del Paglia, La Porticciola che collega il castello al borgo e infine la Porta del Cassero, dove sorgeva la struttura fortificata più importante e che si apre verso il Monumento ai caduti della Prima Guerra Mondiale.
Oltre alla piazza già citata di Santa Croce l’unica che raggiunge una notevole dimensione (sebbene fosse ancora più piccola rispetto al presente) è quella del “Mercato”, così chiamata per via appunto dell’istituzione mercatale che in questo borgo ha tradizioni antichissime, al Monastero fu concesso di tenere un mercato annuale già avanti la metà del IX secolo.
La descrizione fatta da Pio II nel corso della sua visita ad Abbadia nel 1462 fornisce una raffigurazione interessante del centro storico:
“Vi sono molti e popolosi borghi ma quello che chiamano Abbadia eccelle su tutti gli altri per la bellezza incantevole della sua posizione; è situato ad oriente, e non è più lontano dalla cima del monte che dal fiume Paglia.
La natura formò nel mezzo una vallata di circa otto stadi, dovunque ricoperta da castagni dominata da aspre rupi; gli antichi vi costruirono un borgo, ben difeso da una parte dagli scogli pendenti a picco, e dall’altra da un alto muro e da una fossa piena d’acqua corrente. Dentro le case sono sufficientemente comode, fabbricate con pietra squadrata, ricoperte da tetti costruiti con materiale resistente alle nevi. Davanti alla cittadina, la selva è stata tagliata per circa uno stadio per coltivare orti e anche qualche campo”.
Il Borgo si sviluppò a sud del Castello, collegato a quest’ultimo mediante la porta “Porticciola”.
Il numero degli abitanti salirà nel tempo fino ad arrivare a 700 a metà del Duecento, verrà costruito anche un palazzo pubblico che testimonia il rafforzo delle istituzioni cittadine, la notevole crescita demografica che farà superare le 2.600 unità darà impulso alla costruzione del Borgo. E’ questo il momento in cui avviene il totale accentramento della popolazione, una fase che inizia con la costruzione del castrum e ha il suo apice con la creazione del Borgo, dove vennero accolti anche gli abitanti degli insediamenti della Val di Paglia e della Via Francigena che abbandonarono così in larga parte gli antichi villaggi.
La posizione del Borgo, non certo ottimale, fu dovuta a motivi pratici, la presenza di un salto d’acqua infatti fu sfruttato per azionare dei mulini.
A differenza del Castello, il Borgo ebbe un precario sistema difensivo, basato sullo sfruttamento degli scoscendimenti del terreno e la parte tergale degli edifici, le due porte di accesso erano: la Porta del Borgo, ristrutturata di recente, sul lato occidentale, e la Porta dei Mulini che si apriva sulla strada principale, di cui adesso rimangono soltanto alcuni elementi architettonici.