Santa Fiora si trova a 687 metri sopra il livello del mare, in provincia di Grosseto, alla base del quale si trovano le sorgenti del fiume Fiora. I primi documenti in cui è citato il paese risalgono al IX secolo; il toponimo indica un primo insediamento, probabilmente a carattere difensivo, cui è unito un nucleo religioso connesso al culto delle due martiri Lucilla e Flora.  L’insediamento e lo sviluppo vanno tra il IX e XIV secolo, ad opera della grande famiglia degli Aldobrandeschi e di altri gruppi ad essi collegati. La scelta del luogo attuale non è casuale, gli Aldobrandeschi scelsero un punto strategico nel versante meridionale dell’Amiata, protetto naturalmente da alte ripe e dotato di una straordinaria risorsa idrica.

Santa Fiora è citata anche da Danta Alighieri nella Divina Commedia: “Vieni crudel, vieni e vedi la pressura de’ tuoi gentili, e cura lor magagne; e vedrai Santafior com’è oscura. “Purgatorio, VI, vv. 111 e seg.

Il paese si compone di due parti distinte: il castello, a forma semiellittica, in alto e il borgo verso sud-ovest, al quale si accede per una porta ad arco ribassato ancora quasi interamente visibile. Non fu necessaria una cinta muraria in quanto la posizione del castello era di per sé già difesa naturalmente.

Il centro storico è suddiviso in tre terzieri: Castello, Borgo, Montecatino. Il terziere Castello è la parte più antica del paese. La sua originale piazza medievale è dominata di resti delle strutture fortificate del palazzo dei conti Sforza (XVI secolo), oggi sede del Comune. Del castello aldobrandesco rimangono il torrione con le carceri, i basamenti di due torri e una torretta, ristrutturata e munita di merlature nella seconda metà dell’Ottocento, oggi conosciuta come torre dell’Orologio.

La pieve romanica è intitolata alle sante Flora e Lucilla, martiri cristiane e patrone del paese, la cui festività è celebrata il 29 luglio. All’interno dell’Arcipretura sono conservate molte terrecotte dei Della Robbia, autentici capolavori toscani decantati anche dal Vasari. Le opere furono commissionate dalla famiglia degli Sforza di Cotignola, successi agli Aldobrandeschi.

Il convento di clausura dell’ordine di Santa Chiara, con attigua chiesa, fu fondato dalla mistica senese Passitea Croci; nel coro sono conservate molte reliquie ed il crocefisso miracoloso, venerato dalle popolazioni locali. Dalla via Lunga si accede alla zona del Ghetto, così chiamata perché Santa Fiora ospitò un nucleo di ebrei tra i secoli XVI-XVIII, al convento agostiniano di San Michele e alla chiesa di Sant’Agostino. Era qui conservata la Madonna lignea di Jacopo della Quercia, oggi esposta al Museo diocesano di Pitigliano.

Nel terziere di Montecatino è presente la Peschiera. Un’originale struttura senza eguali in Toscana meridionale. In origine come riporta anche il nome fu vivaio di trote dei conti Aldobrandeschi, in seguito divenne un parco-giardino rinascimentale.

Famosa è anche la leggenda del drago di Santa Fiora. Si narra che verso la fine del Quattrocento, nelle fitte boscaglie del contado, vicino al Convento dei frati di SS. Trinità di Selva, si aggirasse un mostro demoniaco, un orribile drago, descritto talvolta come lo stesso Lucifero, tanto che veniva chiamato “Cifero serpente”. La creatura aggrediva pastori o boscaioli, ogni tanto facendoli sparire insieme a pecore, maiali e vitelli. Nessuno lo aveva visto direttamente se non le enormi tracce lasciate nel fango, fino a che un giorno il giovane Guido Sforza, da solo dopo essersi avventurato nella fitta abetina lo affrontò per poi eliminarlo. Il conte tornò con le spoglie del drago, si presentò con il teschio e ne consegnò ai frati del Convento della Selva e l’altra metà la consegnò alla Trinità dei Monti a Roma. Ancora oggi è visibile presso la chiesa il teschio del drago, che per secoli è stato oggetto di venerazione da parte dei fedeli.

Nel comune di Santa Fiora furono aperte e sfruttate le prime miniere del Monte Amiata. E’presente una mostra permanente “Miniere dei Minatori” nel piccolo Museo delle Miniere di Mercurio del Monte Amiata, che offre di consultare un’ampia documentazione relativa alle storie delle miniere e del lavoro minerario.